Il Burkina Faso vanta un totale di 20.835.401 abitanti (2020), equamente ripartiti tra uomini e donne. Si tratta di una popolazione giovane: circa la metà della popolazione è costituita da minori di 15 anni e, più in generale, circa l’80% della popolazione ha un’età inferiore ai 40 anni. L’aspettativa di vita in Burkina Faso è di poco inferiore ai 50 anni.
Le religioni più seguite a livello nazionale sono islam (50%), cristianesimo (30%) e religioni africane tradizionali animiste (20%). Elementi della tradizione animista si ritrovano anche nelle pratiche di culto cristiane e musulmane dei burkinabé. La convivenza pacifica tra i diversi culti è assicurata anche dalla loro presenza all’interno degli stessi nuclei familiari, a conferma dell’idea - piuttosto diffusa - che si tratti di “sentieri diversi che conducono tutti alla stessa cima della montagna”.
Il francese è l’unica lingua ufficiale in Burkina Faso, ma la più parlata è la lingua mooré (dell’etnia mossi); sono inoltre parlate numerose lingue locali e dialetti (si stima ne esistano ben 67), tra cui il dioula (soprattutto nell’Ovest), il gourmantché (nell’Est), il fulfuldé (lingua dei nomadi peul) e il tamasheq (lingua dei tuareg).
Il Paese presenta, in generale, insediamenti accentrati, di tipo sia rurale che urbano: Nel primo caso si tratta prevalentemente di villaggi a capanne, spesso fortificati da mura perimetrali in argilla, i quali ospitano fino a qualche centinaio di persone; nel secondo caso, di antichi centri di transito o sedi di importanti monarchie etniche (Ouagadougou fu ad esempio residenza degli imperatori Mossi), che oggi tendono a presentare caratteristiche di città moderne, centri di attività direzionali politicoeconomiche: così la capitale e Bobo-Dioulasso, le sole città di un'apprezzabile dimensione.
L'inurbamento della popolazione, seppur crescente, non ha intaccato la complessiva fortissima predominanza dell'habitat tradizionale: il villaggio è da sempre simbolo della civiltà africana, che per mezzo di esso esprime le proprie motivazioni sociali, economiche e religiose.
In generale, il villaggio burkinabé è costituito da una serie di edifici prevalentemente rettangolari e granai circolari, circondati da un recinto di protezione (spesso realizzato in terra cruda) e raccolti intorno a uno spiazzo circolare: l'organizzazione comunitaria è alla base di tale schema circolare, che forma appunto un'unità compatta. Gli ambienti che si affacciano sulla corte scoperta sono solitamente il granaio, una stanza di distribuzione da cui si accede alle camere da letto e la cucina; lo spazio scoperto è considerato al pari di quello coperto, tanto da essere il luogo della vita diurna.
L'albero è sempre presente nell'atto di fondazione dell'insediamento: considerato quasi come l'ospite che accoglie il gruppo in un nuovo territorio, esso mantiene saldo il rapporto fra il gruppo e la terra, intesa come natura madre.
Il Faso Dan Fani (che in Dioula significa letteralmente “tessuto della patria”) è ancora oggi uno dei principali simboli del patriottismo burkinabé. In un paese in cui la coltivazione del cotone, non geneticamente modificato, è una delle principali fonti di reddito nazionale (in calo, ma il Burkina Faso detiene ancora il quarto posto nel continente, dopo Bénin, Mali e Costa d’Avorio), e dove la tradizione dei tessuti è così antica, questi tessuti in cotone si sono rivelati ben presto indispensabili per la realizzazione degli abiti tradizionali.
È proprio nella metà degli anni ‘80 che, con l’ascesa al potere di Thomas Sankara, il Faso Dan Fani diventa simbolo della nazione e del savoir-faire locale. Determinato a favorire l’emancipazione delle donne attraverso il lavoro e lo sviluppo di prodotti nazionali, Sankara impose anche ai suoi funzionari di indossare il tradizionale Faso Dan Fani.
L’8 Marzo 1987, in occasione della Giornata internazionale dei diritti della donna, affermava infatti:
“Dans tous les villages du Burkina Faso, l’on sait cultiver le coton. Dans tous les villages, des femmes savent filer le coton, des hommes savent tisser ce fil en pagnes et d’autres hommes savent coudre ces pagnes en vêtements. Nous ne devons pas être esclave de ce que les autres produisent. Porter le Faso Dan Fani est un acte économique, culturel et politique de défi à l’impérialisme”.
Nonostante questi abiti siano leggermente caduti in disuso in seguito alla morte di Thomas Sankara e all’instaurazione di politiche più liberali, il Faso Dan Fani è ancora oggi utilizzato per la realizzazione degli abiti da festa e da cerimonia dei capi villaggio, i Naba. Primo tra questi, il Mogho Naba, imperatore dei Mossi, che si assicura di avere a disposizione il Faso Dan Fani tradizionale a ogni apparizione in pubblico e a ogni ricevimento nel suo palazzo a Ouagadougou. Lo stile di tessitura e i pattern, inoltre, sono differenti per ogni gruppo etnico burkinabé.
Il Ministero del Commercio, dell’Industria e dell’Artigianato del Burkina Faso ha annunciato inoltre l’avvio nel 2018 delle procedure necessarie per certificare il tessuto tradizionale entro la fine dell’anno corrente, in modo da evitare anche l’eventuale concorrenza sleale per contraffazione dello stesso.
Robusto e naturale, il Faso Dan Fani è quindi una tra le stoffe africane più resistenti e preziose (venduta tra i 7.500 e i 25.000 CFA - tra gli 11 e i 38 euro - al pezzo), ancora oggi utilizzato nelle cerimonie ufficiali e simbolo di una nazione fiera delle sue radici e del suo savoir-faire.